La letteratura, dice Nabokov, non nacque il giorno in cui un ragazzo uscì dalla grotta gridando «al lupo, al lupo!» mentre un grosso lupo grigio lo inseguiva – nacque quell’altra volta che il ragazzo uscì dalla medesima grotta gridando «al lupo, al lupo!» e non c’erano lupi dietro di lui. Una delle qualità fondamentali di ogni narrazione credibile e verosimile è il barthesiano “effetto di realtà”, ovvero il paradosso secondo cui per rappresentare la realtà c’è bisogno di artificio, di inganno, di menzogna. Un trompe l’oeil nel cuore della verità.
Tanto i populisti quanto i prestigiatori intrecciano l’analisi dei fatti con la comunicazione manipolatoria, le suggestioni ipnotiche e lo storytelling letterario, specie nell’era odierna della post verità. La lezione, che inflisse Parrasio al malcapitato Zeusi, risuona nei secoli col suo immutato allarme: la verità è la fine della realtà. Tant’è che Pitagora teneva lezione da dietro una tenda, così da separare l’insegnamento dalla persona fisica che lo comunicava: puoi solo ascoltare e avvicinarti alla verità (ἀλήθεια – il non nascosto) ma i tuoi occhi guarderanno soltanto il suo segreto.
Secret eyes only. Tutte le volte che gli organismi di intelligence sorti nei Paesi occidentali a partire dalla Guerra Fredda hanno fatto ricorso alle più sofisticate tecniche di illusionismo, avvalendosi della collaborazione dei massimi esperti di magia e spettacolo escapologico, hanno magistralmente elaborato strategie e tecniche di mimetizzazione e mascheramento dei propri membri e dei propri osservati-speciali, servendosi di complessi giochi di equilibrismo fatti di luce e riflessi, di fumo ed effetti speciali, di simulazioni e dissimulazioni della realtà, al fine di nascondersi o occultare documenti, oggetti e persone. Sono le stesse strategie del cinema, le stesse di Parrasi e di Pitagora.
Le stesse che Goldschmied & Chiari disvelano, mostrando gli artifici e i meccanismi, esibendo le superfici specchianti e le scatole magiche, il montaggio del video e quello del collage, le esalazioni del fumo e l’inconsistenza delle immagini.Ogni opera delle artiste – così come ogni operazione dei servizi segreti – funziona se funziona l’artificio, se siamo posti di fronte, anzi dentro al reale, mentre esso poco a poco svanisce, scompare, e prende il suo posto la narrazione, così verosimile, così rassicurante.
Uno dei mezzi del male è la parola òvvio (obvius, che va incontro, che sta sulla strada), designazione di tutto ciò che si presenta spontaneamente e facilmente al pensiero o all’immaginazione, come cosa naturale, ordinaria, evidente. La verità – quella storica, quella di là della tenda, quella desecretata solo quando il tempo ha guadagnato la sua distanza – non è mai sulla strada, non ci viene mai incontro. Né si può pervenire direttamente alla verità: non si può cominciare con essa. Se così fosse il mondo sarebbe pieno soltanto di lupi e noi sempre costretti a credere che desossiribo. (Roberto Lacarbonara)